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Deontologia nelle indagini difensive

Nello svolgimento delle investigazioni difensive il difensore deve osservare le norme del Codice deontologico forense con particolare riferimento ai doveri di probità, fedeltà, competenza e verità.

L’investigazione difensiva si configura al contempo come un diritto e un dovere dell’avvocato: nel primo caso, si esercita nei confronti dell’Autorità giudiziaria, la quale deve permetterne il libero svolgimento, mentre è un dovere rispetto al cliente, in quanto l’attività difensiva può richiedere che vengano svolte indagini per essere efficace.

Durante lo svolgimento delle indagini difensive, il difensore ha l’obbligo di osservare le norme del Codice deontologico forense, in particolare rispetto ai doveri di probità, fedeltà, competenza e verità, oltre alle Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive, il cui testo è stato approvato dall’Unione delle Camere penali italiane il 14 luglio 2001. Nello specifico, le norme degli articoli che compongono tali regole seguono il principio di lealtà processuale e sono poste a garanzia del corretto svolgimento del processo penale.

Le regole di comportamento del penalista nel Codice deontologico forense

Il difensore, dal momento in cui riceve l’incarico fino alla sua conclusione, ha il dovere di valutare la necessità di svolgere investigazioni, in relazione alle esigenze e agli obiettivi della difesa, oltre che ai fini delle determinazioni inerenti alla difesa stessa, per impiegarne i risultati nel procedimento penale secondo le forme, i tempi e i modi previsti dalla legge.

Sebbene la decisione di iniziare e terminare le indagini, le scelte sull'oggetto, sui modi e sulle forme delle stesse competano al difensore, egli può avvalersi di sostituti, investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, ex art. 327-bis comma 3 c.p.p., dando ai suoi ausiliari le direttive a cui essi hanno il dovere di attenersi, in aggiunta agli obblighi previsti dalla legge. In particolare, si fa riferimento a quelli relativi agli avvertimenti alle persone con le quali occorre conferire, agli accessi ai luoghi e alla ispezione delle cose, oltre alla eventuale redazione di verbali, al segreto sugli atti e sul loro contenuto.

Per quanto concerne la ricerca delle fonti dichiarative, il difensore e gli eventuali ausiliari incaricati possono procedere senza formalità all’individuazione delle persone in grado di riferire circostanze utili ai fini delle investigazioni difensive in corso, informandole che, se si avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate ad una audizione davanti al pubblico ministero ovvero a rendere un esame testimoniale davanti al giudice, durante il quale dovranno rispondere anche alle domande del difensore.

Ai sensi dell’art. 55 del Codice deontologico forense, nella parte relativa ai rapporti con i testimoni e con le persone informate, l’avvocato non deve riferirsi ai fatti oggetto della causa o del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti.

Il difensore, nell’ambito del procedimento penale, ha facoltà di procedere ad investigazioni mantenendo il segreto sugli atti delle indagini difensive e sul loro contenuto finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse della parte assistita.

Nel caso in cui il difensore si avvalga di sostituti, investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, può fornire agli stessi tutte le informazioni e i documenti necessari per l’espletamento dell’indagine, anche nell’ipotesi di segretazione degli atti, imponendo loro il vincolo del segreto e l’obbligo di comunicare esclusivamente a lui i risultati dell’attività. 

Naturalmente, il difensore e gli altri soggetti da lui eventualmente delegati non potranno corrispondere alle persone interpellate compensi o indennità sotto qualsiasi forma, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle sole spese documentate: in caso di violazione di tali norme, sono previste pesanti sanzioni disciplinari, tra cui anche la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale.

Infine, durante l’accesso ai luoghi ex artt. 391-sexies e 391-septies, il difensore  e i suoi ausiliari - anche quando non redigono un verbale – sono tenuti a documentarne nelle forme più opportune lo stato, al fine di verificare che nulla sia mutato, alterato o disperso al termine dell’attività.

Codice di Deontologia per il trattamento dei dati personali

Il Garante per la protezione dei dati personali, con la deliberazione n. 60 del 6 novembre 2008, ha approvato il testo del Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere indagini difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria

L’utilizzo di tali dati è imprescindibile per garantire una tutela piena ed effettiva del diritto di difesa e di quello alla prova, in conformità con il principio secondo cui il trattamento dei dati personali deve rispettare i diritti, le libertà fondamentali e la dignità delle persone interessate, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale.

L’attuazione di tale Codice garantisce la riservatezza dei dati raccolti durante lo svolgimento delle indagini difensive, fermo restando che il diritto di difendersi mediante la raccolta di prove prevale sul diritto alla riservatezza, anche di un fatto proprio della vita privata (Cass. pen., Sez. II, n. 6812/2013). 

Per questo motivo, tra le novità del D. Lgs. n. 101/2018, recante Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento UE 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, si evidenzia che i diritti di cui agli artt. da 15 a 22 del predetto Regolamento non possono essere esercitati qualora dall’esercizio di tali diritti possa derivare un pregiudizio effettivo e concreto allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria

Tali disposizioni si applicano a chiunque tratti dati personali per le predette finalità, in particolare ad altri liberi professionisti – investigatori privati e consulenti tecnici – che prestino  attività di assistenza o consulenza in conformità con quanto previsto dalla legge.

L’avvocato organizza il trattamento - anche non automatizzato - dei dati personali secondo le modalità che risultano più adeguate a favorire in concreto l’effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli interessati, secondo i principi di finalità, necessità, proporzionalità e non eccedenza. 

Se i dati sono trattati per esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale, ciò può avvenire anche prima dell’effettiva pendenza di un procedimento, qualora i dati risultino strettamente funzionali all’esercizio di tale diritto, sempre in conformità ai principi sopracitati. 

In particolare, possono essere lecitamente utilizzati e raccolti i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti di libero accesso, dai quali possono essere estratte informazioni personali riportate in certificazioni e attestazioni, oltre ad atti, annotazioni, dichiarazioni e informazioni acquisite nell’ambito di indagini difensive

Nei rapporti con i terzi e con la stampa, coloro che svolgono attività investigativa difensiva possono rilasciare informazioni non coperte da segreto, qualora sia necessario per finalità di tutela dell'assistito, nel rispetto dei principi di liceità, trasparenza, correttezza e minimizzazione dei dati di cui all’art. 5 del GDPR, nonché dei diritti e della dignità dell'interessato e di terzi, di eventuali divieti di legge e del Codice deontologico forense.

Puoi approfondire il tema nella sezione dedicata a indagini difensive e privacy

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