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Gli atti tipici delle indagini difensive

L'attività dell'investigatore privato si concretizza con l'attuazione del diritto alla ricerca delle fonti di prova e dei mezzi di prova e si distingue in atti tipici ed atipici. Scopriamo come si configurano gli atti tipici nelle indagini difensive.

Indice:

  1. L’acquisizione di notizie
  2. Il colloquio non documentato
  3. La richiesta di una dichiarazione scritta documentata o l’assunzione di informazioni
  4. La richiesta di documenti alla pubblica amministrazione
  5. L’accesso ai luoghi e gli atti irripetibili

1. L'acquisizione di notizie

Il Titolo VI bis del codice di procedura penale disciplinante le investigazioni difensive si apre con l’art. 391-bis, il quale conferisce al difensore, al sostituto, agli investigatori privati autorizzati e ai consulenti tecnici la facoltà di interloquire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa

L’acquisizione di informazioni da fonti dichiarative durante lo svolgimento di indagini difensive può avvenire secondo tre diverse modalità:
 

  1. Il colloquio non documentato 
  2. La ricezione di una dichiarazione scritta documentata
  3. L’assunzione di informazioni

2. Il colloquio non documentato

Tra gli atti tipici, riveste particolare importanza l'assunzione di informazioni da persona informata sui fatti o la ricezione di sue dichiarazioni precostituite. L'assunzione di informazioni di solito è preceduta da colloqui informali mediante i quali il difensore sonda la conoscenza delle circostanze utili alla difesa della persona che sarà sentita o della quale verranno ricevute le dichiarazioni.

Il colloquio non documentato o informale è disciplinato dall’art. 391-bis c.p.p., ed è volto a reperire “circostanze utili ai fini dell’attività investigativa”. In particolare, tale colloquio consente di saggiare il grado di conoscenza dei fatti della persona interpellata e l'utilità delle notizie in suo possesso.

Oltre al difensore, all’acquisizione di notizie mediante colloquio non documentato sono legittimati anche il sostituto, gli investigatori privati autorizzati e i consulenti tecnici, dal momento che i risultati ottenuti da tale attività, in mancanza di una documentazione che li attesti, non possono acquisire valore probatorio. 

La dottrina ha sottolinea che il divieto di documentazione del colloquio non deve essere letto in termini assoluti, bensì limitatamente alla non rilevanza procedimentale dei suoi risultati: infatti, nulla vieta al difensore di fare delle annotazioni o prendere appunti relativi al colloquio. 

3. La richiesta di una dichiarazione scritta documentata o l’assunzione di informazioni

Al contrario, le altre due modalità di acquisizione previste dall’art. 391-bis c.p.p. sono riservate al difensore e al suo eventuale sostituto, in virtù del loro potenziale valore probatorio. Il difensore e i suoi ausiliari possono conferire con ogni persona in grado di riferire non solo fatti favorevoli al proprio assistito, bensì qualsiasi notizia utile all’elaborazione della strategia difensiva. Pertanto, il colloquio non documentato si configura spesso come atto propedeutico alla richiesta di una dichiarazione scritta o all’assunzione di informazioni, in relazione alla pertinenza e alla rilevanza delle conoscenze dell’interessato. 

L’art. 391-bis comma 2 c.p.p. prevede che il difensore e il suo sostituto possano chiedere alle persone informate sui fatti di rilasciare una dichiarazione scritta ovvero di rendere informazioni, le quali andranno documentate secondo quanto previsto dall’art. 391-ter

In particolare, il difensore redige una relazione nella quale vengono riportati la data in cui si è svolta l’attività, le proprie generalità e quelle del dichiarante, i fatti sui quali verte la dichiarazione e l’attestazione di aver rivolto gli avvertimenti di cui al comma 3 dell’art. 391-bis

Prima di procedere in qualunque forma all’acquisizione di informazioni, infatti, il difensore dovrà  informare l’interessato della facoltà di non rispondere e del divieto di rivelare le domande ricevute e le risposte rese all’Autorità giudiziaria, specificando inoltre le responsabilità penali connesse alle false dichiarazioni. L’omissione di tali preliminari avvertimenti determina l’inutilizzabilità delle dichiarazioni e delle informazioni rilasciate dalla persona informata sui fatti, a cui fanno seguito le sanzioni disciplinari indicate dall’art. 391-bis comma 6 del codice. 

Rispetto a tale attività investigative, la disciplina dell’incompatibilità a testimoniare – richiamata dall’art. 391-bis comma 1 – non si applica in relazione alle persone indagate o imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato a quello dell’interessato: infatti, il difensore potrà acquisire informazioni da tali soggetti dopo aver avvisato i rispettivi difensori, la cui presenza è necessaria a pena di inutilizzabilità dei risultati. 

Qualora intenda ascoltare una persona detenuta, il difensore dovrà ottenere l’autorizzazione ad opera dell’Autorità giudiziaria competente, sentiti il pubblico ministero e il difensore del detenuto (art. 391-bis comma 7).

4. La richiesta di documenti alla pubblica amministrazione

Tra le facoltà attribuite al difensore durante lo svolgimento di indagini difensive, l’art. 391-quater c.p.p. prevede anche quella di presentare una richiesta alla pubblica amministrazione per prendere visione o estrarre copia di documenti formati o detenuti stabilmente dalla stessa. 

La richiesta di documenti alla pubblica amministrazione a fini investigativi era già prevista nell’art. 22 l. n. 241/1990, a cui si affianca quanto previsto con la novella della l. n. 397/2000: la nuova normativa, infatti, tralascia tutto ciò che attiene alle modalità di approccio con gli uffici della P.A. detentori della documentazione, rinviando alle previsioni sul tema contenute nella precedente normativa. 

Il legislatore ha così disciplinato esclusivamente l’accesso alla documentazione dalla pubblica amministrazione e non anche a quella di un soggetto privato: il difensore ha la facoltà di richiedere documenti anche ai privati, ma qualora il destinatario della richiesta la disattenda, l’avvocato potrà sollecitare l’intervento del pubblico ministero. Il difensore non potrà dunque utilizzare a suo favore la normativa sull’accesso ai luoghi ex art. 391-sexies e 391-septies, la quale non può essere interpretata in modo tale da legittimare anche la ricerca di documenti. 

Tra i soggetti legittimati a svolgere l’attività investigativa in esame, l’art. 391-quater nomina solamente il difensore, escludendo che la richiesta di documenti alla pubblica amministrazione possa pervenire anche dal sostituto, dall’investigatore privato e dal consulente tecnico, privi di un autonomo potere di iniziativa. 

L’istanza deve essere rivolta necessariamente all’amministrazione che ha formato o detiene stabilmente il documento, con l’indicazione degli estremi degli atti ai quali si chiede di accedere o degli elementi idonei ad identificarli: tuttavia, non grava sul difensore alcun obbligo di esplicitare le finalità della richiesta. 

Al pari di quando la richiesta ha ad oggetto documenti appartenenti a privati, anche in caso di rifiuto, differimento o limitazione dell’accesso da parte della pubblica amministrazione, il difensore ha la facoltà di sollecitare per iscritto il p.m., affinché provveda a formulare egli stesso la richiesta o a disporre il sequestro dei documenti mediante decreto motivato. Di norma, i limiti idonei a legittimare il rifiuto da parte della pubblica amministrazione riguardano gli atti coperti dal segreto professionale, di Stato o d’ufficio. 

Se ritiene ingiustificato il diniego dell’amministrazione, il pubblico ministero ordinerà la consegna del documento o ne disporrà il sequestro; diversamente, qualora non condivida la necessità esposta dal difensore, trasmetterà la richiesta e un suo parere al giudice per le indagini preliminari, il quale valuterà la fondatezza dell’istanza in assenza del contraddittorio tra le parti. 

Con riferimento al sequestro, il p.m. potrà disporlo esclusivamente quando i documenti amministrativi richiesti dal difensore costituiscano corpo del reato o siano comunque pertinenti ad esso. In caso contrario, al difensore non resta che ricorrere all’organo amministrativo regionale, secondo la procedura contenuta nell’art. 25 comma 2 l. n. 241/1990: tale meccanismo non si applica nell’ambito dell’attività investigativa preventiva di cui all’art 391-nonies c.p.p., dal momento che il procedimento in esame richiede l’intervento dell’Autorità giudiziaria.

5. L’accesso ai luoghi e gli atti irripetibili

Infine, tra le attività espletabili nel corso dell’investigazione difensiva, gli artt. 391-sexies e 391-septies c.p.p disciplinano la facoltà per il difensore, il sostituto, l’investigatore privato autorizzato ed il consulente tecnico di accedere ai luoghi d’interesse ai fini investigativi

Riservata originariamente solo agli organi inquirenti, tale facoltà si configura nella possibilità di osservare direttamente lo stato dei luoghi e delle cose rilevanti ai fini dell’indagine, procedendo anche nell’esecuzione di rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi. La norma fa riferimento non solo all’eventuale locus commissi delicti, bensì a qualunque luogo pubblico o privato dove si possano reperire elementi probatori rilevanti per l’indagine in atto.

Gli articoli sopracitati differenziano tale attività in relazione ad un generico accesso ai luoghi pubblici o aperti al pubblico e a quello effettuato in luoghi privati e non aperti al pubblico

Con riferimento a questi ultimi, il difensore ed i suoi ausiliari sono soggetti ad una procedura specifica oggetto dell’art. 391-septies del codice di rito. In particolare, essa prevede la necessità di ottenere il consenso del soggetto che ha la disponibilità della cosa o del luogo, in virtù di quanto stabilito nell’art. 14 della Costituzione con riferimento al diritto all’inviolabilità del domicilio. 

Il difensore e i suoi ausiliari hanno la facoltà di svolgere i rilievi sopradescritti anche nei luoghi di abitazione e nelle loro pertinenze: tuttavia, il contemperamento tra esigenze investigative e tutela della riservatezza si configura nel consentire tale attività - in assenza del consenso del privato - solo nel caso in cui sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato, previa autorizzazione del giudice. Nel caso in cui il soggetto interessato non dia il proprio consenso, l’accesso dovrà essere autorizzato dal giudice con decreto motivato, nel quale verranno specificate le modalità e i tempi dell’accesso. 

Il soggetto presente sul luogo al momento dell’accesso deve essere avvertito della facoltà di farsi assistere da una persona di sua fiducia, idonea ad assumere la qualità di testimone agli atti del procedimento ed immediatamente reperibile

Secondo quanto previsto dall’art. 391-sexies comma 1, il difensore e i suoi collaboratori possono redigere un verbale dell’accesso, contenente la data, il luogo, le generalità delle persone intervenute e la descrizione degli eventuali rilievi effettuati. Tuttavia, la norma non prevede alcun obbligo rispetto alla redazione di tale verbale, il quale rappresenta semplicemente un onere per il difensore che intenda attribuire un valore probatorio ai risultati dell’indagine svolta. 

Indipendentemente dalla qualificazione del luogo, le attività di cui agli artt. 391-sexies e 391-septies assumono un carattere meramente ricognitivo, in quanto si concretizzano nell’osservazione e nella raccolta di dati in modo tale da non modificare l’originario stato dei luoghi e delle cose. 

Tuttavia, in occasione dell’accesso ai luoghi, l’art. 391-decies c.p.p. contempla la possibilità di compiere interventi più incisivi - e non solo di osservazione - su luoghi o cose potenzialmente soggetti a modificazioni, al fine di evitare la dispersione degli elementi di prova, con riferimento ad atti ed accertamenti tecnici non ripetibili.

Rispetto a tale facoltà, l’art. 327-bis comma 3 c.p.p. consente al difensore di avvalersi dell’aiuto di consulenti tecnici, al fine di espletare le attività investigative che richiedono specifiche conoscenze. In caso di accertamenti tecnici non ripetibili, l’art. 391-decies c.p.p. prevede l’obbligo in capo al difensore di darne avviso senza ritardo al pubblico ministero, in modo tale che quest’ultimo diventi destinatario di garanzie simili a quelle riconosciute al difensore in caso di accertamenti tecnici irripetibili compiuti dall’Autorità giudiziaria. In particolare, tali garanzie si concretizzano nel diritto di assistere al conferimento d’incarico e agli accertamenti, oltre alla facoltà di formulare riserva di incidente probatorio. 

Il consulente tecnico può svolgere accertamenti tecnici - ripetibili e non - anche al di fuori dell’accesso ai luoghi, in virtù di quanto stabilito dagli artt. 327-bis comma 3 e 391-decies comma 3 c.p.p., i quali disciplinano procedura e valore probatorio degli atti in maniera equiparabile a quelli del pubblico ministero. Sia gli atti irripetibili compiuti dal consulente tecnico durante l’accesso ai luoghi sia gli accertamenti tecnici non ripetibili ex art. 391-decies comma 3 c.p.p., al pari di quelli eventualmente effettuati dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, confluiscono nel fascicolo per il dibattimento. 

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